Don Ennio Lucantoni. Il parroco di Giulianova Lido

di Donato Marcone (da “La Madonna dello Splendore” n° 38 del 22.04.2019)


Don Ennio Lucantoni, parroco del Lido per oltre 60 anni, nasce a Controguerra l’11 novembre 1933 da Giuseppe e da Carmina Maria Attorre. Primo di quattro fratelli (Ennio, Franco, Rocco, Camillo) e di una sorella (Rita), dopo il conseguimento della licenza elementare a Controguerra frequenta la 1a e la 2a media a Nereto; la 3a media, il IV e il V ginnasio nel seminario diocesano di Teramo; il Liceo classico e Teologia nel Seminario regionale di Chieti. Viene ordinato sacerdote a Giulianova, nel duomo di San Flaviano, il 1° luglio 1956 da S. E. mons. Stanislao Amilcare Battistelli. Negli anni scolastici 1956-57 e 1957-58 e prefetto di seminario a Teramo. Nel 1959 viene a Giulianova dove sostituisce il parroco di San Flaviano, don Alberto Di Pietro, andato in America del quale era stato chierichetto a Controguerra e aiuta don Raffaele Baldassarri il vecchio parroco del Lido. Il 14 gennaio 1960 – in seguito all’andata in pensione del parroco del Lido e al mancato arrivo del successore nominato dalla curia, don Giuseppe D’Aristotile – don Ennio prende possesso della parrocchia della Natività di Maria Vergine come vicario sostituto. Il 1° novembre 1961, avendo don Giuseppe rinunciato perché impegnato in un progetto d’integrazione scolastica di alunni rom, don Ennio viene nominato parroco titolare della Natività di Maria Vergine in Giulianova Lido.

Dinamico e intraprendente, pieno di forza e di entusiasmo, ardito ma non avventato, don Ennio inizia la sua missione con amore e vigore. Attira i giovani con coinvolgenti iniziative parrocchiali e, contemporaneamente, riprende il proposito del suo predecessore di costruire una nuova chiesa più capiente e più consona alle esigenze della cresciuta e crescente popolazione del Lido. Nel 1963, lungo Viale Orsini, individua e acquista il terreno su cui edificarla. Il 16 agosto 1964, in presenza del vescovo mons. Battistelli e di autorità civili e militari, si procede alla posa simbolica della prima pietra della erigenda nuova chiesa. Nel 1965 ottiene dalla Pontificia Commissione Centrale d’Arte Sacra l’approvazione del progetto di massima redatto dallo Studio d’architettura Mario Scalpelli di Roma (l’architetto Scalpelli è stato l’ideatore della singolare struttura architettonica della chiesa a forma di nave) e dall’ing. Sigismondo Montani di Teramo. La morte dell’architetto Scalpelli, avvenuta nell’aprile 1966, rallenta la progettazione definitiva portata a termine poi, con successo ma non senza difficolta, dall’architetto Enrico Grassi, già cofirmatario del progetto di massima. Nel 1969, finalmente terminata la progettazione della struttura e compiuto il lungo iter burocratico necessario per ottenere le prescritte approvazioni degli Enti civili e religiosi preposti, l’impresa edile “Cesare Albani”, vincitrice della gara d’appalto, da inizio ai lavori.

Il 21 giugno 1973, benché non ancora ultimata a causa di varie battute d’arresto dovute a difficolta tecniche ed economiche, vi si celebra la prima messa in occasione della prima Comunione di un gruppo di ragazzi. Il 29 giugno 1974 la nuova Chiesa del Lido viene ufficialmente intitolata a San Pietro Apostolo dal vescovo della diocesi Teramo-Atri mons. Abele Conigli. Oltre a tantissimi fedeli, sono presenti numerosi sacerdoti diocesani; alcune autorità regionali, provinciali e comunali; l’Ing. Ruggiero Di Giambattista che ha diretto i lavori; tante persone che, a diverso titolo e in diversi modi, hanno contribuito alla realizzazione dell’opera. Mancano, perché deceduti, don Raffaele Baldassarri, l’architetto Alfredo Scalpelli, l’ingegnere Sigismondo Montani. Costruita la nuova chiesa, dotata di canonica e di sottostanti locali adatti a svolgere idoneamente le attività parrocchiali, don Ennio pensa alla ristrutturazione della chiesa della Natività. I lavori iniziano nell’agosto 1982 e terminano appena in tempo per l’8 dicembre 1984, giorno in cui la statua della Madonna del Portosalvo, dalla chiesa di San Pietro Apostolo dove era stata temporaneamente collocata, viene riportata nella ordinaria dimora con una memorabile processione snodatasi nel cosiddetto quartiere “Zona Orti”, dove don Raffaele pensava di edificare la nuova chiesa del Lido; il vescovo mons. Abele Conigli riconsacra la restaurata chiesa e il nuovo altare; don Giulio Di Francesco, presidente del Centro Abruzzese Ricerche Storiche di Teramo, tiene una interessante relazione storica sulla chiesa della Natività. Dopo l’avvenuto restauro della chiesa della Natività, don Ennio non resta come si suole dire con le mani in mano, ossia non si limita ad assolvere ai soli prescritti adempimenti canonici, ma provvede ai lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione della chiesa di San Pietro quali il rivestimento della scalinata esterna, la conveniente illuminazione interna, la sistemazione della torre campanaria, il risanamento del tetto, l’impianto dell’aria condizionata, la dotazione dell’ascensore per consentire l’accesso in chiesa agli anziani e ai disabili. Più che alla costruzione, alla ristrutturazione e alla manutenzione delle chiese e degli edifici parrocchiali, don Ennio ha pensato soprattutto ai suoi parrocchiani, per i quali, come era il faro per i marinai del passato, ha costituito sempre un sicuro punto di riferimento cui rivolgersi sia nelle liete che nelle tristi circostanze della vita.

Provvede non solo alle celebrazioni delle messe quotidiane e all’adempimento degli usuali compiti di un normale sacerdote (battesimi, catechismo per bambini, prime comunioni, matrimoni, benedizioni delle famiglie, unzioni degli infermi, funerali), ma insegna religione cattolica nella scuola media “V. Bindi”; passa a salutare i ragazzi delle scuole elementari della parrocchia all’inizio dell’anno scolastico; predispone incontri di catechesi per giovani e adulti; organizza gite, escursioni e vacanze estive per i giovani; segue Associazioni e Movimenti (Azione Cattolica, Comunione e Liberazione, Cursillos di Cristianità, Gruppi di Preghiera di Padre Pio, Scouts); sostiene le iniziative sociali e caritative (Piccola Opera Charitas, Mensa San Francesco, Società S. Vincenzo de’ Paoli, Dono di Maria), presiede il Comitato per la festa della Madonna del Portosalvo; organizza come momento di aggregazione sociale la cena annuale con i collaboratori della parrocchia e i marinai che, con i loro motopescherecci, la seconda domenica di agosto prendono parte alla processione in mare; va a portare l’Eucaristia agli ammalati; si reca spesso a visitare i parrocchiani ricoverati in ospedale; fa parte degli Organi di Partecipazione della Diocesi; è membro del Consiglio di Amministrazione della Piccola Opera Charitas fondata da padre Serafino Colangeli.

Per bontà, serietà, disponibilità e capacita organizzativa e stato apprezzato, stimato e considerato d’esempio dalla quasi totalità di quanti in un modo o nell’altro hanno avuto a che fare con lui. E’ stato un punto di riferimento positivo non solo per i suoi familiari, per i propri parrocchiani, per i sacerdoti e i vescovi della diocesi Teramo-Atri che si sono succeduti nell’arco del suo ministero sacerdotale (Battistelli, Conigli, Nuzzi, D’Addario, Seccia, Leuzzi), ma anche per tanti villeggianti e sacerdoti in vacanza a Giulianova; per diversi vescovi di altre diocesi tra cui Cleto Bellucci di Fermo, Giuseppe Molinari de L’Aquila, Luigi Negri di Ferrara; per il cardinale Angelo Scola di Malgrade (Como).

La sua lunga, intensa e movimentata giornata lavorativa, interrotta non sempre da una breve “pennichella” pomeridiana, cominciava alle 7 del mattino, con la celebrazione della santa Messa nella chiesa della Natività, e finiva quasi sempre intorno alla mezzanotte. Dopo aver celebrato la Messa mattutina, solitamente, tornava a fare colazione a casa; poi andava in parrocchia dove a volte restava tutta la mattinata, a volte no. Normalmente, tranne quand’era fuori Giulianova, lo si trovava nel suo ufficio da verso le 11 a verso le 13 e prima, durante e dopo la messa pomeridiana, di solito un tempo celebrata da don Annibale Tassoni e negli ultimi anni da don Pasquale Fioretti e don Luca Torresi. Era riuscito a instaurare una profonda reciproca relazione affettiva e collaborativa oltre che con i sacerdoti e i religiosi presenti a Giulianova (particolarmente con i benedettini Silvestrini, ma anche con i francescani Cappuccini) e nella Diocesi, anche con tutti i suoi numerosi collaboratori parrocchiali, sempre pronti a rispondere alla sua chiamata, e con tutte le autorità civili e militari locali, provinciali e regionali. Talora si mostrava duro, si irritava; è vero. Ma accadeva quando certe persone volevano farsi il Vangelo secondo il loro punto di vista o quando qualcuno mancava di rispetto al Santissimo Sacramento come ad esempio accadde nella chiesa della Natività, durante uno sposalizio, quando col suo sguardo fulminante fece scappare di corsa in sacrestia il fotografo che, nonostante da lui precedentemente avvertito, osò scattare la foto durante l’elevazione dell’Ostia alla consacrazione eucaristica.

A volte, all’apparenza, poteva sembrare anche un po’ rude e spigoloso ma in fondo era una persona caritatevole, generosa, disponibile e comprensiva. Comunque, quando capiva di aver sbagliato per non essersi comportato consono al suo ruolo, se ne rammaricava così tanto da pentirsene e andare dall’offeso a chiedergli non solo scusa ma addirittura perdono per l’involontario e inappropriato contegno avuto. Sì. Don Ennio era severo e rigoroso. Ma lo era non tanto con gli altri quanto più con se stesso.

Era cronometrico negli orari delle messe; puntuale negli incontri che teneva o a cui partecipava; preciso nell’organizzazione dei pellegrinaggi parrocchiali; cauto, dinamico e vigile nelle vacanze estive con i giovani; meticoloso nel prendere appunti nella sua agenda poggiata sulla scrivania o nel suo quaderno tenuto nel cassetto. 

Grazie alla fenomenale memoria che possedeva, ricordava quasi tutti i nomi dei suoi parrocchiani. Quando all’inizio di ogni anno scolastico andava nei plessi del II Circolo didattico facenti parte della sua parrocchia (Acquaviva, Ospizio Marino, Salinello, Zona Orti oggi Don Milani) per comunicare agli alunni del secondo ciclo l’inizio dell’anno catechistico, passava a dare il benvenuto a scuola anche ai ragazzi delle classi prime ai quali dopo aver risposto al loro saluto e aver detto loro di sedersi (allora, quando entrava in classe una persona, gli alunni si alzavano in piedi dicevano buon giorno e rimanevano in piedi e in silenzio sino a che l’ospite o l’insegnante non avesse detto loro di sedersi) diceva: “Adesso state zitti e buoni.

Io passo tra i banchi e ciascuno di voi, quando gli sarò accanto, mi dirà nome, cognome e via dove abita”. Quindi, ad ogni alunno che gli si presentava diceva: “Tu sei figlio di …, tua madre si chiama …, tuo fratello …, tua sorella …, tuo nonno …, tua nonna …”. Sensibile alle avversità della vita e alla debolezza della natura umana, e stato di consolazione, incoraggiamento e sostegno spirituale, materiale e morale per tante e tante persone. Ma sempre nel rispetto dei fondamentali principi cristiani, etici, morali, sociali. Ha sempre osservato e applicato le direttive della Chiesa, pur se a volte potevano essere sopportate e non intimamente condivise. Non si è mai sentito dire da alcuno che egli abbia agito ad arbitrio, ovvero a propria discrezione.

Di Giulianova Lido, oltre che della sua espansione urbana, don Ennio e stato testimone anche del moltiplicarsi dei suoi abitanti, i quali hanno sempre trovato in lui un sicuro e qualificato punto di riferimento e che lui ha così intensamente amati da rinunciare a essere sepolto a Controguerra, nella tomba di famiglia, per restare per sempre con loro. La morte però, nonostante gli ottanta anni e più, sembrava proprio non riguardarlo. Il suo fisico ancora forte e sano, la sua mente ancora perspicace e lucida, la conosciuta longevità dei genitori non facevano assolutamente presagire la sua imminente scomparsa. Invece non è stato cosi. In brevissimo tempo, come accaduto anni addietro a don Franco, un male incurabile lo ha strappato all’affetto dei suoi familiari e dei suoi parrocchiani la mattina del 16 luglio 2018.

A rendere omaggio alla sua salma esposta nel salone parrocchiale, il luogo che dopo la chiesa ha rappresentato il cuore pulsante della sua missione sacerdotale, sono state viste arrivare e sostare in raccoglimento e preghiera, persone afflitte e commosse di tutte le età (ragazzi, giovani, adulti, anziani); di tutte le condizioni sociali (operai, disoccupati, casalinghe, badanti, impiegati, diplomati, laureati); di tutte le convinzioni politiche (politici ed ex politici di destra, sinistra, centrodestra e centrosinistra); di tutte le condizioni fisiche (abili, disabili, claudicanti appoggiati a tripodi e bastoni, persone in carrozzella spinte da un familiare o da una badante). Tutti, per lo più in lacrime, hanno salutato mestamente il loro don Ennio parroco; non il don Ennio monsignore, titolo onorifico che gli era stato gratuitamente dato ma di cui non s’era nè fregiato nè fatto vanto. Adesso che non c’è più, manca la sua presenza fisica. Ma resta quella spirituale. Rimane la sua umanità, il suo modo di fare, il suo rigore morale, la sua profonda affezione alla comunità parrocchiale, il suo grande attaccamento alla festa della Madonna del Portosalvo celebrata la seconda domenica di agosto, la sua risonante voce (amplificata anche dall’altoparlante) con la quale, durante l’ordinata processione, rivolgeva le sue calde, vibranti e toccanti preghiere alla Madonna lungo viale Orsini e via Nazario Sauro, all’ingresso del porto, sul motopeschereccio di turno che portava in mare la venerata statua.