UNA MOSTRA ICONOGRAFICO-DOCUMENTARIA PER IL CENTENARIO DELLA CONSACRAZIONE DELLA CHIESA DELLA NATIVITÀ
di Ottavio Di Stanislao
Il centenario della consacrazione della chiesa della Natività doveva necessariamente essere celebrato con una riflessione più generale sulla storia del nostro territorio perché l’evento si colloca naturalmente nel fenomeno costituito dalla crescita urbana della spiaggia di Giulianova, tra il finire dell’Ottocento e l’inizio del Novecento. Nel 1984, in occasione della riapertura della stessa chiesa dopo i lavori di restauro, scrivevo che nelle motivazioni che indussero i primi abitanti della “borgata Marina” ad adoperarsi prima per la costruzione della chiesa e poi per avere una assistenza religiosa stabile, era evidente da un lato il voler sottolineare una identità, dall’altro la consapevolezza di essere comunità. D’altronde questa dinamica, per cui al nascere di un nuovo agglomerato urbano segue subito la costruzione di una chiesa, nel corso dei secoli è stata estremamente diffusa nella nostra Italia in virtù della profonda sintonia vissuta dal popolo con l’eredità della tradizione cristiana. Vengono in mente le riflessioni del cardinale Bagnasco, in occasione del X Forum per il Progetto culturale della Chiesa italiana dedicato al 150° anniversario dell’unità d’Italia, quando affermava che “l’unico sentimento che accomunava gli italiani, a qualsiasi ceto sociale appartenessero e in qualunque degli stati preunitari vivessero, era quello religioso e cattolico”. E’ l’Italia “prima” dell’Italia per cui l’esistenza di un popolo, inteso come comunità di persone accomunate da una identità spirituale profonda, ha preceduto di molto la formazione dello stato nel suo assetto istituzionale. D’altronde lo stato non può creare questa unità che è pre-istituzionale e pre-politica, ma nello stesso tempo deve essere attento a preservarla e a non danneggiarla. Tutti questi elementi nella vicenda della costruzione della chiesa di Giulianova Spiaggia, nel contesto della urbanizzazione di quel territorio sono ben presenti. Dalla richiesta dell’area da parte del vescovo, nel 1875, dopo che erano state costruite le prime case, o “casini” come allora si chiamavano, nelle prime quote vendute all’asta dal comune nel piano della marina, alla costruzione della chiesa che si trascinò per parecchi anni potendo contare solamente sulle offerte dei fedeli. Segno dei tempi in un periodo in cui la Chiesa e i cattolici erano guardati con ostilità dalla classe dirigente al potere per lo più laicista, anche se questa era una ristretta elite e quelli la quasi totalità della popolazione. Le difficoltà nell’avere una presenza stabile del sacerdote si aggiungono a quelle derivanti dal “conquistare” servizi e infrastrutture indispensabili per la crescita della borgata. Dalla costruzione della chiesa alla sua erezione a parrocchia autonoma passeranno circa trenta anni, come occorsero tempi lunghi per vedere realizzati i tanto sospirati lavori di bonifica e di sistemazione idraulica, eseguiti negli anni venti dello scorso secolo, in un periodo in cui tutto era difficile ed anche le aspirazioni più legittime dovevano essere conseguite con tenacia e perseveranza. Nelle vicende locali si riscontra inevitabilmente anche il “clima” sociale e politico dell’epoca. Così, memori dell’anticlericalismo di inizio secolo che aveva pervaso la vita pubblica di quel periodo, negli anni ‘20 è prevalente fra gli uomini di chiesa un atteggiamento benevolo nei confronti di un governo, quello guidato da Benito Mussolini, che aveva mostrato di tenere in grande considerazione la chiesa e le sue esigenze.
Una mostra quindi che ci aiuta ad andare alla radice della nostra identità, di laici cristiani e di cittadini della Spiaggia di Giulianova, perché come detto, pur essendo aspetti distinti, nella nostra storia spesso la passione civile è stata alimentata da un senso di appartenenza che era anzitutto religioso.
Il materiale documentario proposto è stato reperito presso vari archivi : anzitutto nell’Archivio di Stato di Teramo e in quello vescovile, enti che hanno dato l’adesione formale alla iniziativa. Altri documenti provengono dall’Archivio comunale di Giulianova, da quello del Genio civile di Teramo e dall’Ufficio del Territorio, enti che ringraziamo per la disponibilità dimostrataci che mi ha consentito di compiere la ricerca.
La mostra è articolata in quattro sezioni. La prima cerca di documentare la crescita urbana della spiaggia fra Ottocento e Novecento, anzitutto con tavole planimetriche di varia provenienza: dalle rappresentazioni grafiche del periodo borbonico alle prime piante catastali; dai rilievi del Genio civile propedeutici ai lavori per la realizzazione del primo pennello-scogliera all’ambizioso progetto di spostamento della linea ferroviaria; dalle planimetrie relative ai lavori portuali a quelli inerenti alle opere idrauliche di bonifica; ma anche con le delibere più significative dell’assise civica e con l’ausilio fondamentale di foto inedite del fondo Nardini della Biblioteca provinciale “Melchiorre Delfico” di Teramo.
La seconda sezione è dedicata alla chiesa, dalla richiesta dell’area per la costruzione, alla consacrazione; dall’incertezza dei primi anni alle iniziative del vescovo Zanecchia di farne una parrocchia da affidare all’ordine dei frati minori, fino alla costruzione della casa canonica. Nella terza parte si tratta della pratica per l’erezione a parrocchia autonoma, avvenuta nel 1927 e delle iniziative del primo parroco, don Camillo Ottaviani, tra cui un giornale parrocchiale che vide la luce tra la fine del 1928 e il 1929. L’ultima parte è dedicata alla festa della Madonna del Porto salvo e alla prima statua venerata con questo appellativo che è stata restaurata e sarà riproposta per l’occasione. In quest’ultima parte ci siamo giovati principalmente delle foto (provini a contatto) di Domenico Nardini, autore di un servizio su una festa della seconda metà degli anni ’30 e di altra documentazione fotografica sulla festa nel corso degli anni. Abbiamo riproposto alcune diapositive realizzate da Donato Marcone nel 1988 che documentano il lavoro fatto con la classe V/? della zona Orti, sulla storia della chiesa e sulle origini della festa con la testimonianza raccolta da un protagonista dell’epoca, l’allora ottantasettenne Alberto Castorani il cui papà Giulio era stato uno degli animatori del comitato che aveva acquistato la prima statua della Madonna. Sempre grazie alle diapositive di Donato Marcone, abbiamo dedicato una piccola appendice alla riapertura della chiesa della Natività, l’8 dicembre 1984 dopo i lavori di restauro, con la celebrazione liturgica e la presentazione, da parte di don Giulio Di Francesco, presidente del Centro abruzzese di ricerche storiche, del libro realizzato da chi scrive per l’occasione.
La mostra sarà inaugurata il pomeriggio del 6 agosto al Kursaal e sarà visibile per la settimana della festa, fino al 14 agosto. Interverranno a presentarla il presidente della Deputazione abruzzese di storia patria Walter Capezzali, la cui prestigiosa presenza attribuirà sicuro valore all’evento, e lo storico e giornalista giuliese Sandro Galantini, che non ha bisogno di presentazioni in quanto ricercatore storico e pubblicista prolifico, nonché critico rigoroso. Speriamo di avere risorse disponibili per poter stampare il relativo catalogo, in modo che dell’evento si possa conservare memoria durevole.
Chi scrive ha curato la ricerca storica e la redazione dei testi, l’architetto Giovanni Basilici ha realizzato l’impostazione grafica e, come detto, Donato Marcone ha messo a disposizione le testimonianze a suo tempo raccolte sulle origini della festa ed ha collaborato all’allestimento.